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In questo volume sono affluite varie ricerche dedicate alla critica letteraria negli autori romani, in una specie di fil rouge che accomuna autori di epoche diverse, sulla base dell'impiego di un lessico ormai entrato a far parte di un bagaglio espressivo di tipo tecnico e specialistico. Gli autori più rappresentativi sono Quintiliano e Velleio Patercolo, ma non mancano anche Persio, con il suo giudizio su due tragici latini, e Catullo con l'utilizzazione di un termine critico-letterario come libellus. Che Velleio si inserisca in questo panorama e che anzi anticipi in vari casi i successivi usi quintilianei, è la testimonianza del fatto che nel I secolo d.C. si era ormai costituito a Roma un lessico critico consolidato, sorto attraverso la lettura di auctores come Cicerone e Orazio. Quintiliano è nel volume analizzato per i suoi giudizi su molti scrittori greci: Alceo, Archiloco, commedia antica, Antimaco, Callimaco ed altri scrittori, che sono come cibi sostanziosi per la formazione del futuro oratore.